Si può affrontare lo stress con efficacia?

Nel numero 125 della rivista mensile l’Altra Medicina è presente un mio articolo dal titolo “Si può affrontare lo stress con efficacia?”, nel quale presento alcune riflessioni sociali

 Tra stress buono e stress cattivo, come affrontare al meglio le sollecitazioni ed essere felici.

Di seguito il testo:

Come affrontare lo stress

Prima di diventare comune nel linguaggio di tutti i giorni il termine “stress” ha fatto un lungo viaggio che merita di essere ripercorso. Le sue origini affondano nei lemmi latini “strictus” e “stringere”, dai quali attraverso l’antico francese si giunge all’inglese medievale “distress”, trasformatosi per aferesi nell’inglese moderno “stress”, con i significati di “sforzo”, “pressione”, “enfasi”. Le accezioni di “tensione nervosa”, “logorio, “affaticamento psicofisico”, con cui il termine dall’inglese è passato nella nostra e in molte altre lingue, giungono per ultime, introdotte dagli studi del fisiologo Walter Cannon e, in particolare, del medico Hans Selye che definisce lo stress “risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso” (Selye, 1974).

Nella teoria di Selye ogni evento potenzialmente in grado di alterare l’omeostasi psicofisica attiva quella che lui chiama “Sindrome Generale di Adattamento”. Inizialmente l’organismo (in modo autonomo) o l’individuo (intenzionalmente) si attiva per reagire all’allarme costituito dall’evento stressante (“stressor”). In termini biologici ciò corrisponde all’attivazione del sistema simpatico e dell’asse ipotalamo-ipofisi-corticale del surrene, con conseguente rilascio di catecolamine e di cortisolo. Quando l’attivazione risolve la problematica la risposta rientra naturalmente, in caso contrario si entra in una fase di resistenza che stimola nell’organismo ulteriori reazioni, al termine delle quali segue la fase di esaurimento, se l’organismo non è stato in grado di arginare la problematica, o di recupero, se vi è riuscito. In entrambi i casi il soggetto sperimenta una sensazione soggettiva di sfinimento e di fragilità.

Nel linguaggio corrente “stress” è sia il nome dato alla situazione stressante (che più propriamente costituirebbe lo stressor) sia il nome dello stato psicofisico risultante nel soggetto. Entrambi sono abitualmente connotati in modo spiacevole, anche se più correttamente “stress” dovrebbe essere inteso come termine neutro e si dovrebbe utilizzare “distress” (stress cattivo), per riferirsi allo stress dagli effetti negativi, e “eustress” (stress buono) talora la richiesta di attivazione esercitata dagli stressor sia benefica. Infatti gli stimoli ambientali non necessariamente sono spiacevoli e/o conducono a esaurimento, a essi si deve anche ogni possibilità di apprendimento e di crescita.

Ad ogni modo la distinzione tra stimoli positivi e stressanti è estremamente soggettiva. Specialmente in ambito psicologico un analogo comportamento, ad esempio una solerte raccomandazione da parte di una persona cara, può essere ben visto e gradito oppure viceversa considerato stressante. La competizione in ufficio per una promozione può essere stimolante e soddisfacente per alcuni, mentre altri possono sentirsene soverchiati. Gli esempi potrebbero proseguire a lungo. Perfino una stessa persona può reagire ben diversamente a stimoli estremamente simili in momenti diversi. Al di là di eventi più o meno da tutti considerati irrisori o, viceversa, indubbiamente spiacevoli, come ad esempio potrebbero essere rispettivamente l’aprire una porta o il venire torturati, esiste un’ampia terra di mezzo di stimoli la cui ricezione dipende in gran misura dall’interpretazione che se ne dà. Come scrisse Aldous Huxley (1933, p. 5), “Experience is not what happens to a man, it is what a man does with what happens to him”, e ciò è quantomai vero per ciò che è ritenuto essere uno stress (distress) o piuttosto uno stimolo (eustress).

Ad esempio, nel caso in cui ci si trovi ad avere a che fare con dei vicini rumorosi, un membro della famiglia potrebbe focalizzarsi sulla mancanza di rispetto che ciò comporta e in tal modo amplificarne il fastidio, mentre un altro potrebbe ricordarsi di episodi nei quali è stato a sua volta rumoroso, magari a una festa da adolescente e, seguendo tale associazione di idee, perfino rallegrarsi del fatto che i vicini si stanno divertendo. Entrambe le possibili interpretazioni dell’evento sono inoltre influenzate dallo stato d’animo del momento. Se si è riposati e soddisfatti della propria giornata è più probabile soprassedere a un qualche fastidio, viceversa se si dorme poco e male da giorni anche il più piccolo stress può rappresentare la goccia che fa traboccare il vaso. Si può dunque distinguere tra: l’evento col quale ci troviamo a interagire, l’interpretazione che ne diamo, le condizioni psicofisiche precedenti l’evento. Nel fronteggiare una situazione stressante è necessario intervenire su tutti questi aspetti.

Partiamo da come potenziare lo stato di salute psicofisica. Tutti i buoni consigli per migliorare lo stato di salute sono funzionali anche all’attenuare e soprattutto al prevenire l’insorgenza di uno stato di stress, per il semplicissimo motivo che meglio una persona si sente maggiori sono le risorse su cui può contare per fronteggiare qualsiasi tipo di problematica. Ecco quindi che può sicuramente essere di aiuto l’attività fisica, come il nuoto, la corsa o qualsiasi altro sport che per il soggetto sia piacevole praticare. Non andrebbe dimenticata l’importanza di una buona alimentazione e di una buona igiene del sonno (andare a letto presto e concedersi almeno 7-8 ore di sonno ogni notte), come pure l’utilità di evitare – o quantomeno limitare – alcool e tabacco, poiché questi sono tutti aspetti che incidono sui fattori infiammatori e conseguentemente anche sull’umore. Altrettanto importante sarebbe limitare l’uso (oramai spesso abuso…) della tecnologia digitale (tv, computer, tablet, smartphone, consolle), privilegiando piuttosto i momenti trascorsi a contatto con la natura o in compagnia di amici. Per favorire il rilassamento possono inoltre essere di aiuto discipline come lo yoga, il prāṇāyāma, il training auotogeno, la respirazione olotropica, le tante tecniche meditative, come pure anche il semplice dedicare del tempo ai propri hobby e alle proprie passioni.

Purtroppo però uno stile di vita sano ha sopratutto funzione preventiva, perché nel momento di difficoltà è molto difficile iniziare a seguire delle buone abitudini. Ciò molto spesso non perché la persona non sappia, o non creda, che i comportamenti elencati sono salutari e migliorerebbero la sua capacità di risposta allo stress. Piuttosto è la sensazione di esaurimento psicofisico che fa credere al soggetto di non avere energie per apportare dei cambiamenti nelle proprie abitudini. Ci si trova così di fronte a un circolo vizioso per il quale proprio la condizione che beneficerebbe di un sano stile di vita fa credere al soggetto che intraprenderlo sia al di là delle sue possibilità. Spesso si crede perfino di poter indulgere ancor più in alcuni vizi, credendo in tal modo di concedersi le “coccole” meritate. Le capacità naturali di recupero dell’organismo sono straordinarie e grazie a esse a volte può perfino capitare che concedersi dei vizi di per sé deleteri per l’organismo funga da “stacco”, aiuti a distrarsi dalla problematica stressante, e in tal modo attivi energie e stimoli nuove prospettive da cui guardare alla problematica. Ciò solo a volte però e certamente non in situazioni di stress cronico.

Lo stato di stress cronico non svanisce così facilmente e non andrebbe assolutamente sottovalutato. Infatti, oltre che persistente e estremamente spiacevole può essere anche molto pericoloso per la salute, ad esempio per la sua dimostrata inibizione esercitata sul sistema immunitario. La frase “è solo un po’ di stress”, talora si protragga a lungo, è decisamente troppo riduttiva. In tal caso non è più sufficiente né fare appello alla propria capacità di resistenza, “stringere i denti” e andare avanti, né tentare di distrarsi. Occorre intervenire e, se anche solo all’idea di farlo da soli ci si sente ancor più sopraffatti dai problemi, può essere utile farsi aiutare da un professionista. Uno psicologo può offrire sostegno e motivazione ad intraprendere uno stile di vita sano, inoltre può aiutare a comprendere le altre due componenti che abbiamo evidenziato nell’azione dello stress: l’evento in sé e l’interpretazione dello stesso.

Capita spesso che una persona che si sente stressata non sappia indicare con esattezza le motivazioni. Questo è un primo aspetto sul quale soffermarsi perché per evitare una situazione stressante è indispensabile saperla identificare correttamente. A poco serve ad esempio affermare che lo stress sia dovuto al lavoro. Troppo vago. Piuttosto, quali aspetti del proprio lavoro ci risultano stressanti? Rispettare le scadenze? La competizione tra i colleghi? Il rapporto col capoufficio? E ancor più nel dettaglio in quali specifiche situazioni si sente aumentare la pressione esercitata dallo stress? Cosa è accaduto, o abbiamo fatto, negli istanti precedenti? Quali pensieri o associazioni ci evoca la circostanza? Alcuni fattori ci consentono di affrontare le difficoltà in alcuni casi meglio di altri? Se sì quali? Il primo passo (comune a praticamente ogni intervento psicologico) è quello di prendere consapevolezza della proprie dinamiche, delle proprie emozioni e delle proprie reazioni. Solo così è possibile pianificare delle strategie per liberarsi quantomeno degli stimoli stressanti che è possibile evitare e tentare di limitare gli effetti prodotti da quelli inevitabili.

Bisognerebbe fare tesoro della saggezza contenuta in un’antica preghiera che recita: “Signore, concedimi la forza di cambiare le cose che posso modificare, la pazienza di accettare quelle che non posso cambiare e soprattutto l’intelligenza per distinguere le une dalle altre”. Infatti, ostinarsi a non accettare aspetti che non possono essere cambiati, tentando comunque di cambiarli, non può che fallire e la frustrazione derivante protrae la condizione di stress che trarrebbe piuttosto beneficio dal non sprecare ulteriori risorse psicofisiche in battaglie donchisciottesche, spesso persino niente affatto cavalleresche.

Il fatto che alcune occasioni di stress non siano evitabili non significa però che non ci sia niente da fare. Restiamo nell’esempio delle difficoltà lavorative e domandiamoci perché la stessa mole e tipologia di lavoro, o la relazione con lo stesso capoufficio, che per noi è fonte di grande stress, è affrontata dal vicino di scrivania con almeno apparente grande tranquillità. Potremmo scoprire che il collega è protetto da uno stile di vita più sano e venire quindi invogliati a imitarlo. Oppure potremmo comprendere che il collega interpreta la stessa difficoltà che affrontiamo noi in modo diverso e più funzionale. Una critica può essere ritenuta costruttiva, oppure vissuta come un’offesa. Un sollecito può rappresentare un utile promemoria, oppure la messa in dubbio delle proprie competenze. Una frase uscita male può essere ritenuta imperdonabile, oppure giustificata dal momento difficile in cui è stata detta. Il parlare schietto e diretto di un superiore può essere ritenuto congruo col suo ruolo, oppure si può maturare un astio per la presenta maleducazione del capoufficio. A seconda dell’interpretazione del medesimo evento si può renderlo ai propri occhi: innocente, normale, inevitabile, o fonte di grande stress. Sulla comprensione e lo sviluppo della propria interpretazione degli eventi si può lavorare molto e con grande utilità.

Molto spesso approfondire la questione, comprenderla a fondo, analizzarne le dinamiche e individuare modalità alternative di reazione fa scoprire che la problematica prima ritenuta inaffrontabile è in realtà molto più gestibile di quanto si credeva.

Bibliografia

Huxley, A. (1933). Texts and Pretexts. New York: Harper & Brothers.

Selye, H. (1974). Stress without Distress. New York, J.B. Lippicott.

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