Problemi Relazionali e Coppia

psicologo di coppia a firenze

Problematiche relazionali e di coppia: quando la coppia scoppia.

La relazione di coppia è per molti, al contempo, la più grande fonte di gioia e di dolore. L’alternanza di momenti di intensa passione, di serena convivenza, di tiepido distacco, di forte frustrazione o di vera insofferenza (non necessariamente in quest’ordine) è comune nelle relazioni stabili.
Diversamente dalle favole, nelle storie d’amore raramente si giunge al punto in cui semplicemente si vive “felice e contenti”. Più comunemente le coppie felici lo sono perché hanno imparato ad accettarsi e ogni giorno entrambi si impegnano a superare le inevitabili difficoltà derivanti dal condividere la propria vita con un’altra persona.
Facile a dirsi in astratto, o quando riguarda altre persone, ben altra cosa quando siamo noi a sentirci sopraffatti dalla sofferenza relazionale. In tali momenti come non desiderare di vivere una favola? E se così non è di chi è la colpa? Propria o dell’altra persona? Perché – così ci sembra – se non viviamo una favola deve pur essere colpa di qualcuno. Così ci arrabbiamo, con noi stessi o con il partner, oppure ci commiseriamo per la sfortuna che abbiamo avuto: in entrambi i casi raramente ciò ci sarà utile e ancor più eccezionalmente sarà sensato.

Cosa è l’Amore?
Manifestazioni patologiche e dipendenza affettiva
Conclusioni
Percorsi Psicologici per Problemi Relazionali e di Coppia

Non che non sia vera la sofferenza, quella è spesso pervasiva e paralizzante, ma il punto è che la “colpa”, più che di se stessi, del partner o della sfortuna, è principalmente dell’essersi illusi che una relazione debba essere spontaneamente felice. Nelle coppie che osserviamo felici non si vede dall’esterno il lavoro che rende possibile la loro felicità, sembra tutto spontaneo ma non lo è.

“Che cossè l’amor?”

Che cossè l’amor” cantava Vinicio Caposela; “O tell me the truth about love” domandava il poeta Wystan Hugh Auden. Da sempre l’umanità si interroga su cosa sia questa forza che smuove gli animi e tanto influenza le nostre vite. Tanto più se ne è presi, tanto più mancano le parole per definirlo e solo l’arte sembra esprimerlo adeguatamente. Forse anche perché troppo poco soddisfacenti ci appaiano le spiegazioni filosofiche o scientifiche.

Anche se davvero l’amore fosse l’inganno della specie ai danni dell’individuo per perpetuare se stessa, come sosteneva Schopenhauer, o l’effetto di specifici ormoni e neurotrasmettitori in determinate aree cerebrali, come argomenta l’antropologa americana Hellen Fisher (Why We Love: The Nature and Chemistry of Romantic Love), certo non sarebbe solo questo. Quantomeno non per chi sta vivendo una tale tempesta ormonale. Manca all’appello l’esperienza soggettiva che attribuisce significato al vissuto.

Tanto la valenza filogenetica che la componente chimica spiegano alcuni aspetti ma non sono in grado di cogliere il significato che l’esperienza ricopre per chi la sta vivendo. La fenomenologia dell’esperienza amorosa non si può può ridurre a semplici formule. In essa confluiscono tutte le nostre aspettative, i timori, i desideri, i pregiudizi, le esperienze i vissuti precedenti, compresi eventuali traumi. L’esperienza amorosa racchiude in sé il personale modo di rapportarsi all’altro e, per quanto possano esserci similitudini e dinamiche ricorrenti, è in ultima analisi peculiare a ogni individuo.

Manifestazioni patologiche e dipendenza affettiva

Se risulta difficile il tentativo di definire univocamente l’esperienza di amore romantico, ancor più lo è definirne le manifestazioni patologiche. La presenza di intense passioni è comune nella fase di innamoramento, nel sentimento di gelosia, o nella malinconia conseguente la fine di un rapporto e distinguere tra espressione sana o patologica di una passione naturale richiede l’adozione di adeguati criteri. I classici studi di De Clérambeaut (Les Psychoses Passionelles) propongono i criteri di: quantità (abnorme), persistenza (eccessiva durata), incoercibilità (dei contenuti ideici), impermeabilità (di fronte ai riscontri di realtà).

Più recentemente si è evoluto il costrutto di “dipendenza affettiva” (love addiction) che, sebbene non attualmente presente né nel DSM 5, né nel ICD 10 o nel PDM-2 (i principali manuali diagnostici), gode di notevole riconoscimento da parte dei numerosi clinici che se ne occupano e ne propongono l’inserimento tra le dipendenze comportamentali.

Lo psichiatra francese Michel Reynaud (L’addiction amoureuse existe-t-elle?) ritiene che il passaggio da una sana passione amorosa alla dipendenza avvenga quando:

  1. il desiderio diventa bisogno;
  2. la sofferenza si sostituisce al piacere;
  3. la relazione prosegue nonostante la ragione ci suggerisca di interrompere a causa delle troppe conseguenze negative.

L’autore vi ravvisa il soddisfacimento dei criteri per la dipendenza da sostanza: sforzi infruttuosi per controllare la relazione; notevole assorbimento temporale; importante riduzione o abbandono di attività sociali e ludiche; incapacità di interrompere la relazione malgrado i problemi procurati; come pure una vera e propria crisi d’astinenza con sofferenza e irritabilità.

Conclusioni

Ricapitolando:

  1. la felicità in una coppia non è scontata ma frutto di consapevole impegno;
  2. l’essenza stessa dell’esperienza amorosa sfugge alle definizioni;
  3. le sua manifestazioni patologiche esistono ma non sono facilmente distinguibili dalla normale passionalità.

A questo punto il lettore che stia vivendo una difficoltà relazionale potrebbe avere difficoltà a capire in quale situazione riconoscersi e soprattutto cosa fare. Per fortuna anche se un’autodiagnosi è certamente difficile (e la diagnosi in generale sarebbe sempre meglio lasciarla al professionista), nelle questioni di amore la “cura” è sempre la stessa: una maggiore consapevolezza di sé e degli altri.
Certamente se si fosse coinvolti in una dipendenza affettiva gli sforzi di diventare consapevoli delle dinamiche abitualmente messe in atto sarebbero più difficilmente coronati da successo senza l’aiuto di uno specialista. Eppure la chiave rimane la stessa, sia che siano riscontrabili elementi di dipendenza sia che non lo siano: osservarsi da più prospettive e cercare di comprendersi meglio, da soli finché ci si sente in grado di farlo, affiancati da un professionista ogni volta che se ne sente il bisogno.
Per le sue caratteristiche, orientate a una visione integrata della psiche, il modello junghiano si rivela particolarmente adatto a guidare la conoscenza di sé e delle dinamiche abitualmente messe in atto nelle relazioni significative, specialmente quella di coppia.

Dott. Benedetto Tangocci

Percorsi Psicologici per Problemi Relazionali e di Coppia

Come Psicologo e Psicoterapeuta a Firenze offro percorsi di aiuto alla relazione di coppia presso il mio studio in Via Filippo Corridoni 18 a Firenze (Zona Statuto/Rifredi).
Lo studio è facilmente raggiungibile in Tramvia (T1 – fermata “Poggetto”) ed è proprio davanti al parcheggio della Coop di Piazza Leopoldo, attualmente gratuito.

Sono disponibile telefonicamente al 3534143916 (durante le sedute non posso rispondere, per cui lasciate un messaggio e vi contatterò appena possibile) o via mail a psicologotangocci@gmail.com.

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