Guardare ai sintomi o ai segnali psichici

Nel numero 106 della rivista mensile l’Altra Medicina è presente un mio articolo dal titolo Guardare ai sintomi o ai segnali psichici, nel quale presento alcuni dei modi in cui l’aspettativa influenza gli eventi.

Da tempo medici di segnale e psicologi lavorano insieme sugli stessi pazienti per integrare le loro conoscenze e ottenere risultati migliori. Ma in cosa consiste una psicologia di segnale?

Di seguito il testo:

Guardare ai sintomi o ai segnali psichici?

Il termine sintomo sembra avere una strana storia. I dizionari etimologici ci informano che deriva dal greco σύμπτωμα (symptoma) che significa “avvenimento fortuito”, a sua volta derivante da συμπίπτω (sympipto) che significa “accadere” in quanto composto da σύν (con, insieme) e πίπτω (cadere). Eppure su un qualsiasi vocabolario leggiamo che in medicina “sintomo” significa “manifestazione di uno stato patologico” e che, per estensione, ha in italiano anche l’accezione di “indizio”. Curioso che dal significato di avvenimento casuale si sia giunti praticamente al suo opposto di “indizio”. Probabilmente il passaggio, del quale non ho tuttavia trovato traccia storica, avviene attraverso il concetto di correlazione, ed ecco che dalla mera osservazione che dei fatti accadono insieme, ma in modo fortuito, si intravede da prima una relazione e infine si postula dei nessi tra malattia e sintomo. Col rischio poi di farsi prendere la mano, tanto che nella mente di alcuni malattia e sintomi diventano sinonimi e per “curare” la prima si intende sopprimere i secondi.

In realtà nel linguaggio medico la questione si complica un po’, poiché più propriamente andrebbe chiamato sintomo la sensazione soggettiva di un qualche disturbo o malattia, mentre un segno sarebbe un qualche aspetto oggettivo (come un ematoma, o il valore di un analisi). Distinzione che in psicologia stenta però a trovare un senso poiché oggetto di cura è proprio il vissuto soggettivo del paziente, e il malessere può anche solo essere riferito dal paziente stesso, senza che dall’esterno siano evidenti dei segni. Ecco che può quindi risultare semplice assumere che se la cura è rivolta al vissuto soggettivo del paziente, ovvero al sintomo, la sua scomparsa corrisponda all’avvenuta guarigione. Semplice, sì, ma anche un po’ semplicistico, poiché il sintomo comporta l’esistenza di qualcosa soggiacente. Proverò a esplicitare la relazione esistente tramite un’analogia. Immaginiamo di avere di fronte una parete fortemente crepata. Non quelle piccole crepature nell’intonaco copribili con un po’ di stucco, ma delle vere e proprie fenditure nel muro. L’effetto estetico risultante non è certo piacevole e ovviamente desideriamo porvi rimedio. Se però ci limitiamo a tamponare le fessure con della malta, prima di intonacare e rimbiancare, la rinnovata bellezza della parete potrebbe celare dei danni strutturali irrisolti. Superficialmente sembrerà tutto a posto. Forse l’intervento era davvero sufficiente. Forse invece la problematica dopo qualche mese si ripresenterà, negli stessi punti, o più probabilmente in altri. O peggio, improvvisamente la parete cederà e con essa crollerà l’intero palazzo. Il punto è che, se chi interviene prende in considerazione unicamente l’aspetto superficiale, invece di svolgere anche un’analisi strutturale per comprendere cosa sia effettivamente necessario, l’esito che ci attende sarà solo questione di fortuna, poiché non tutte le pareti possono essere semplicemente stuccate e rimbiancate e non tutte necessitano di essere rinforzate. Tornando alla psicologia: non tutti i pazienti necessitano di interminabili anni di analisi, ma neppure tutti gli interventi possono ridursi alla scomparsa dei sintomi. Come di fronte a una crepa occorre comprendere cosa l’abbia provocata e valutare se la causa potrebbe ripresentarsi o, se non risolta, potrebbe provocare un vero e proprio disastro, così in psicologia occorre comprendere cosa si cela dietro al sintomo. Una buona psicologia, proprio come una buona medicina, non può accontentarsi di tamponare un sintomo, deve bensì intervenire sulle cause.

Ma in cosa consiste nella Psicologia di Segnale il “segnale”? Per chiarirlo rileggiamo innanzitutto una breve descrizione della Medicina di Segnale1:

La Medicina di Segnale è un nuovo paradigma della medicina ideato dal Dott. Luca Speciani che pone l’accento sui meccanismi di Segnale che il nostro corpo usa per regolare la propria omeostasi. Una rigorosa scientificità, testimoniata dalla lunga lista di lavori scientifici alla base di ognuna delle nostre affermazioni, è la base di un nuovo punto di vista su molte patologie. La Medicina di Segnale si basa, infatti, sul concetto dei segnali biologici, che sono il modo in cui chiamiamo quell’insieme di informazioni che il nostro corpo produce e riceve dall’interno e dall’esterno, e sono meccanismi che biologicamente possono essere trasmessi da sostanze come gli ormoni, dal sistema nervoso, dal microbiota, ma non solo. La Medicina di Segnale si pone l’obiettivo di prevenire e curare le patologie stimolando i segnali biologici positivi, che portano ad un miglioramento della salute (per esempio una moderata attività sportiva, una giusta quantità di nutrienti, ed il minor uso possibile di farmaci), e diminuendo i segnali biologici negativi (per esempio l’infiammazione cronica, la malnutrizione, la sedentarietà).

Analogamente, si può affermare che la Psicologia di Segnale si basa sul concetto di segnali psichici, che sono il modo in cui chiamiamo quell’insieme di informazioni che la nostra psiche produce e riceve dall’interno e dall’esterno. La Psicologia di Segnale si pone l’obbiettivo di stimolare i segnali psichici positivi, che portano a un miglioramento della salute, sia psichica che fisica e diminuire i segnali psichici negativi.

Naturalmente occorrono delle precisazioni. Innanzitutto la Psicologia di Segnale, vista la costante e dimostrata interazione tra psiche e corpo, come anche ogni medicina degna di tale nome, si rivolge sia alla salute psichica che a quella fisica. Si tratta di due prospettive dalle quali osservare una realtà strettamente interconnessa. Nondimeno, il cambio di prospettiva comporta l’osservazione e il trattamento di aspetti distinti. Pertanto, mentre la Medicina di Segnale può correttamente riferirsi a segnali biochimici mediati dal sistema nervoso, da ormoni e dal microbiota e per quanto sia innegabile che tali segnali influenzino anche la dimensione psichica, non è ad essi che la Psicologia di Segnale si riferisce parlando di segnali psichici. Diversamente peccherebbe di riduzionismo. I correlati fisiologici del vissuto psichico certamente esistono, ma il palese fallimento della prospettiva psichiatrica organicista testimonia dell’errore di ritenere che un intervento psicologico possa focalizzarsi unicamente su di essi. Un modo più efficace per riferirsi ai segnali psichici è probabilmente il termine “impressione”, nella sua accezione di “effetto lasciato nella psiche dalla pressione esercitata su essa da eventi, sensazioni, percezioni, idee, immagini o altro”. Tali impressioni non solo possono essere positive o negative ai fini del benessere individuale ma – si potrebbe dire – anche “digerite” e metabolizzate efficacemente, oppure no; oltre che adeguatamente integrate nel soggetto, oppure no.

Facciamo degli esempi di segnali psichici positivi per il benessere. L’impressione ricevuta dall’abbracciare una persona cara, o derivante da una piacevole serata in compagnia, stimola il senso di appartenenza a qualcosa di più ampio, ci fa sentire al contempo vivi e protetti dall’angoscia di solitudine. Ciò alimenta la nostra fiducia nel futuro, genera speranza e con essa un diffuso senso di benessere psicologico che, a cascata, attiva delle reazioni biochimiche favorevoli anche alla salute fisica. Lo stesso si può dire della vista di un bel panorama, dell’incontro inatteso in un bosco con un capriolo, o più in generale della meraviglia suscitata dalla Natura, capace di evocare in noi delle impressioni di gioia. Anche un sano movimento fisico e una corretta alimentazione, oltre a attivare i segnali biochimici ben noti ai lettori di L’Altra Medicina, generano dei segnali psichici positivi che potremmo descrivere come impressioni di vitalità e di leggerezza. Certo non stupisce che ciò che è salutare per il fisico lo sia anche per la psiche, e viceversa: distinguere tra segnali biologici e segnali psichici non ha che la funzione di intervenire da prospettive complementari. Altri esempi, come la lettura di un buon libro o la vista di un’opera d’arte, generano impressioni che ci ricordano il nostro potenziale umano, incoraggiando il nostro potenziale creativo. Tali impressioni stimolano primariamente il nostro benessere psichico ma, vista l’unità psiche corpo, non dobbiamo dimenticare che indirettamente sono anche salutari. Ho riportato esempi semplici, ma non per questo banali, infatti troppo facilmente non dedichiamo sufficiente attenzione a stimolare questi segnali psichici di benessere. Tra i segnali psichici negativi possiamo invece pensare alle notizie allarmistiche, potenzialmente in grado di generare senso di disperazione, alla solitudine generata dall’isolamento, o ad altre impressioni purtroppo all’ordine del giorno. L’impoverimento della vita, se ridotta a una routine, produce le impressioni di mancanza di senso, di frustrazione o di senso di inadeguatezza. Anche la presenza di malesseri fisici comporta dei segnali psichici sovente fonte di preoccupazione, ansie o veri e propri tormenti.

Talvolta il riconoscimento di segnali positivi o negativi non è tuttavia così evidente. Ad esempio, una dura giornata di lavoro può al contempo contribuire all’impressione di essere utili ma anche a quella di non avere tempo per altre attività che vorremmo fare. Altre volte un’impressione positiva a breve termine può rivelarsi negativa col tempo. Oppure riguardo a un’impressione apparentemente positiva potremmo avere la sensazione che in realtà non lo sia (o viceversa) e avere bisogno di aiuto a comprendere le proprie sensazioni più profonde. Lo psicologo di Segnale dovrebbe pertanto stimolare l’acquisizione di nuove prospettive su di sé e sulla realtà esterna, al fine di sviluppare nel paziente la consapevolezza della dinamiche in atto e con essa aumentare le sue capacità di selezionare gli aspetti più positivi e di accettare, integrare e fronteggiare al meglio le impressioni negative non evitabili.

1 passo tratto dal sito www.medicinadisegnale.it.

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