Anatomia del pensiero unico

Nel numero 117 della rivista mensile l’Altra Medicina è presente un mio articolo dal titolo “Anatomia del pensiero unico”, nel quale presento alcune riflessioni sociali

Nel tempo cambiano i poteri e con essi mutano sia i leitmotiv da ripetere incessantemente sia le punizioni per chi non si uniforma ad essi.

Di seguito il testo:

​Anatomia del Pensiero Unico

Il termine “pensiero unico” risulta usato per la prima volta in francese, “pensée unique”, in un editoriale apparso nel 1995 su Le monde diplomatique. Viene descritto come (Ramonet, 1995, traduzione mia): “la trasposizione in termini ideologici, che si pretendono universali, degli interessi di un insieme di forze economiche, e specificamente di quelle del capitale internazionale”. L’articolo così prosegue: “Il nuovo Vangelo ha raggiunto un tale grado di arroganza, di boria e di insolenza che di fronte a un simile furore ideologico non è esagerato parlare di dogmatismo moderno.”; “Le sue principali fonti sono le istituzioni economiche e monetarie che attraverso i loro finanziamenti arruolano al servizio delle loro idee, sull’intero pianeta, numerosi centri di ricerca, università e fondazioni, chiamate ad affinare e a diffondere la buona parola. Questo discorso anonimo viene ripreso e riprodotto dai principali organi di informazione economica.”; “E infine, un po’ dovunque, docenti di economia, giornalisti, saggisti, uomini politici si richiamano ai principali comandamenti di queste nuove tavole della legge, e attraverso i grandi mezzi di comunicazione di massa li ripetono a sazietà, ben sapendo che nelle nostre società mediatizzate la ripetizione equivale alla dimostrazione.”; “La ripetizione incessante di questo catechismo attraverso tutti i media e da parte di quasi tutti gli uomini politici di destra e di sinistra gli conferisce una tale forza di intimidazione da soffocare qualsiasi tentativo di riflessione libera, e rende assai difficile la resistenza contro questo nuovo oscurantismo.

Ignacio Ramonet, autore dei passi citati, così descrive la fiducia nella supposta indipendenza politica dei mercati finanziari internazionali, guidati da una chimerica “mano invisibile”, a cui ogni remora di tipo sociale dovrebbe, per il suo stesso bene, inchinarsi. Analisi ineccepibile di come un’ideologia venga imposta, che non si limita tuttavia purtroppo né a tale ambito né a tale contesto storico. Il potere, in ogni sua forma, ama e ha sempre amato le uniformi, quelle da indossare e ancor di più quelle da esternare sotto forma di idee e di azioni; la loro diffusione è estremamente funzionale alla possibilità di controllare grandi masse di persone e non dovrebbe quindi stupire il frequente tentativo di promuovere una narrativa dominante. Né dovrebbe stupire che spesso tale obiettivo sia raggiunto, visto che il conformismo è condizione naturale dell’essere umano (Tangocci, 2020a) e che, come scriveva già Seneca nelle Lettere a Lucilio (Libro I, VII), “facile transitur ad plures” (è facile passare alla maggioranza). Nel tempo cambiano i poteri e con essi mutano sia i leitmotiv da ripetere incessantemente, sia le punizioni per chi non si accorda ad essi. Negli odierni paesi occidentali la pena per il dissenso non si sconta detenuti in un Gulag, o arsi in un rogo, come è accaduto a chi ha ardito opporsi, rispettivamente, alle imposizioni dello Stalinismo o a quelle dell’Inquisizione ecclesiastica, ma ciò non deve far credere che la libertà di pensiero non abbia il suo prezzo e che esso non sia preoccupantemente in aumento. Per chi non si conforma, all’inevitabile senso di isolamento derivante dal non far parte del gregge, sempre più si aggiunge la messa all’indice, la gogna mediatica e una moderna forma di scomunica che può costare la carriera, per delle affermazioni non conformi, e che può perfino far retrocedere al rango di cittadini di serie B, trasformando in concessioni dei diritti un tempo ritenuti inalienabili.

L’immaginario distopico è stato fortemente influenzato da due capolavori della narrativa del Novecento: Il mondo nuovo di Aldous Huxley (1932) e 1984 di George Orwell (1949). Nel lavoro di Orwell è immaginata una società in perenne stato di emergenza, sia economica che bellica (tra tre superpotenze sostanzialmente identiche tra loro), a giustificazione dell’asservimento della popolazione da parte di un potere totalitario raffigurato come “uno stivale che calpesta un volto umano, per l’eternità”. Viceversa, nell’opera di Huxley il potere è fondato su una “dittatura dolce” che garantisce una pace perenne ricorrendo a ingegneria genetica e farmaceutica, condizionamento infantile e ipnotismo. In una lettera del 21 ottobre 1949, Huxley (1969, pp. 604-605) ringrazia Orwell per avergli inviato copia del suo testo e, pur complimentandosi col suo ex allievo all’Eton College di Londra, sottolinea che il modello da lui immaginato meglio descrive il prossimo futuro. In realtà non sussistono motivazioni per ritenere che la realtà debba conformarsi solo a uno, o all’altro, degli scenari da loro prospettati. Piuttosto è possibile riscontrare un uso congiunto, e talvolta alternato, sia di classiche tecniche di manipolazione e di propaganda, sia di modalità simili a quelle immaginate dai due scrittori, sia di altre oggi rese possibili da una tecnologia che è andata perfino oltre alla loro immaginazione.

Nel saggio Brave new world revisited (1958), Huxley esprime preoccupazione per l’accelerazione del processo da lui chiamato “ultimate revolution”, che ai tempi della stesura del romanzo immaginava più remoto. Nella sua sottile analisi della propaganda, sia nelle dittature che in società democratiche, evidenzia che anche solo la necessità delle ingenti risorse finanziarie richieste per controllare i grandi media rappresenta una prima forma di censura economica delle idee non allineate. Si sofferma poi sul sorgere di una grossa industria della comunicazione che non dà al pubblico né il vero né il falso, ma semmai l’irreale, che ritiene funzionale alla distrazione di massa immaginata nel suo romanzo per distogliere la popolazione dalle questioni sociali. Oggi si potrebbe dire di essere andati ben oltre, mescolando irreale, vero e falso in un’amalgama che tratta notizie, vere o presunte tali, con le tecniche narrative proprie della fiction. Prosegue Huxley osservando che (già ai tempi del suo scritto) raramente la propaganda fa appelli alla ragione, consapevole della maggiore forza della passione e dei pregiudizi. I dottor Jekyll cedono il passo ai signor Hide, or rather a Dr. Hyde, for Hyde is now a Ph.D. in psychology and has a master’s degree as well in the social sciences. […] Truth and reason are Jekyll’s affair, not his. Hyde is a motivation analyst, and his business is to study human weaknesses and failings, to investigate those unconscious desires and fears by which so much of men’s conscious thinking and overt doing is determined.1 (p. 48). Col passaggio da una comunicazione basata sulla ragione a una fondata sulle emozioni, il confine tra una propaganda di tipo democratico e una di tipo dittatoriale diviene in tal modo sempre più inconsistente. Tanto che: “The methods now being used to merchandise the political candidate as though he were a deodorant positively guarantee the electorate against ever hearing the truth about anything.2 (p. 57).

La “verità” non è utile a una comunicazione persuasiva, né la sua dimostrazione è richiesta dalla maggior parte della popolazione, paga del fatto che un messaggio gli sembri vero. Il processo di elaborazione dell’informazione che si basa sull’approfondimento delle argomentazioni, conosciuto in psicologia sociale col nome di “via centrale della persuasione” (Cacioppo et al, 1984), comporta un impegno elevato che poche persone, e raramente, desiderano affrontare. Nella maggioranza dei casi è ben più efficace sfruttare la cosiddetta “via periferica della persuasione” che valuta la comunicazione sulla base di aspetti come l’autorità, la notorietà, la bellezza, il fascino o la capacità retorica di chi comunica, tutti aspetti che niente però hanno a che vedere con la verità o meno del contenuto del messaggio. Questa tendenza naturale è favorita dal disorientamento derivante da un generale sovraccarico cognitivo (information overload, o anche infoxication, vedi ad esempio Benselin, et al, 2016), che ulteriormente scoraggia dallo sforzo di un’analisi approfondita.

Più comodo, e pertanto più probabile, affidarsi a dei semplicistici slogan che, se sufficientemente ripetuti, a prescindere dal contenuto, finiscono col sembrare veritieri. Poco importa che – come nella strofa di una canzone di Daniele Silvestri – “lo slogan è fascista di natura”, poiché l’effetto scavalca il pensiero critico (che sarebbe in grado di ricordarsi di tale monito) e comunica direttamente alla componente emotiva che invece apprezza i messaggi semplici, musicalmente ben formulati, e subisce l’influenza dalla famigliarità prodotta dalla ripetizione. Si chiama “euristica della familiarità” (Honda et al., 2010), il meccanismo in virtù del quale si tende a “sentire più veri” i messaggi ascoltati per primi e più volte, a maggior ragione se a ripeterli incessantemente sono sia le istituzioni che la maggior parte della popolazione.

Nell’odierno mondo occidentale è inoltre riscontrabile una tendenza allo sradicamento delle radici culturali, che il saggista Roberto Pecchioli (2021) ha sagacemente chiamato “volontà di impotenza” (contrapposta alla nietzschiana “volontà di potenza”), una non volontà, “noluntas” (nolontà), che diversamente dal pensiero di Schopenhauer, che la postula, non concerne la soppressione del desiderio, che conduce al Nirvana, ma comporta bensì l’imbelle consegna alla volontà altrui. In ossequio al “politicamente corretto”, che pretenderebbe di estirpare le vecchie discriminazioni, nascono le nuove discriminazioni nei confronti di chi non si adegua ai diktat dell’attuale politica e del suo linguaggio. Un linguaggio artefatto, pieno di neologismi che paiano usciti dalla fucina della Neolingua (Newspeak) orwelliana e di locuzioni formulate in perfetto bispensiero (doublethink) come, ad esempio, chiamare “missioni di pace” gli atti di guerra compiuti dai propri governi. Col dilagare dell’analfabetismo funzionale, ovvero la capacità di leggere e scrivere ma non quella di comprendere il contenuto di un testo di media difficoltà (Vágvölgyi et al., 2016), sempre meno resistenza sembrano incontrare le massime che Orwell immagina impresse sulla facciata del Ministero della Verità: war is peace (la guerra è pace), freedom is slavery (la libertà è schiavitù) e – soprattutto – ignorance is strength (l’ignoranza è forza).

L’ignoranza è certamente una forza al servizio del potere: più una popolazione delega al pensare in proprio e criticamente, preferendo seguire l’influencer del momento, più è facilmente manipolabile da chi ha gli interessi e i mezzi per farlo. Interessi che sono sempre esistiti e che oggi dispongono di mezzi tecnologici fino a poco tempo fa neppure immaginabili per controllare e indirizzare l’opinione pubblica. Piattaforme private, che hanno sostituito la pubblica agorà, censurano i contenuti non graditi e/o interi profili al fine di insegnare cosa è consentito esprimere e cosa no. Nell’era digitale non esiste privacy e ogni comportamento o affermazione può comportare premi o punizioni, come avviene nel sistema di credito sociale istituito già da alcuni anni in Cina. I mezzi tecnologici di plagio delle opinioni sono oggi potentissimi e si sommano sia alla naturale tendenza umana al conformismo sia a tecniche manipolatorie conosciute da tempo e insegnate in un qualsiasi corso di Psicologia della Persuasione (Perloff, 2010): “appelli alla paura”, per indirizzare verso i comportamenti desiderati; induzione di “dissonanza cognitiva” tra i comportamenti imposti e le valutazioni degli stessi, per favorire l’adeguamento delle seconde ai primi; tecnica del “piede nella porta”, consistente nel richiedere inizialmente una piccola adesione per aumentare la probabilità che sia successivamente accolta una richiesta più gravosa; quella opposta della “porta in faccia”, che mira a facilitare l’accettazione di una richiesta più modesta che segue al rifiuto di una iniziale sapientemente esagerata; e altro (Tangocci, 2020b).

Spesso mi viene chiesto se esiste un modo per convincere la popolazione che una data narrativa è sbagliata. La risposta è che esiste, sì, e che consiste appunto nell’insieme delle tecniche appena esposte e sapientemente sfruttate da chi dispone di adeguata copertura mediatica per metterle a frutto. Non sarebbe realistico pensare di contrapporre efficacemente le stesse tecniche di persuasione contro una “potenza di fuoco” non uguagliabile, né ne esistono di altre ugualmente efficaci. L’argomentazione logica non ha efficacia sul grande pubblico. Solo singole persone realmente motivate a comprendere possono scorgere e svelare l’inganno di una narrativa dominante. Il lavoro di andare “contro corrente” è individuale e, forse proprio per questo, è nobile e prezioso. Quale che sia l’intensità della corrente, e per quanto sia inevitabile che i più ne siano trascinati via, chi ne conosce le tecniche può sfuggire “la risacca” e, concentrandosi sulla “propria bracciata”, mantenersi libero di nuotare, anche lontano dalla costa.

Bibliografia

Benselin, J., C.; Ragsdell, G. (2016). Information overload: The differences that age makes. Journal of Librarianship and Information Science 48 (3): 284–297.

Cacioppo, J., T.; Petty, R., E. (1984). The Elaboration Likelihood Model of Persuasion. Advances in Consumer Research, Association for Consumer Research, vol. 11.

Honda, H., Abe, K., Matsuka, T., & Yamagishi, K. (2010). The role of familiarity in binary choice inferences. Memory & Cognition, 39(5), 851–863.

Huxley, A. (1932). Brave New World. London: Chatto & Windus.

Huxley, A. (1958). Brave new world revisited. New York: Harper & Row.

Huxley, A. (1969). Letters of Aldous Huxley, edited by Grover Smith. London: Chatto & Windus.

Pecchioli , R. (2021). Volontà d’impotenza. La cancellazione della civiltà europea. Firenze: Passaggio al bosco.

Orwell, G. (1949). Nineteen Eighty-Four. London: Secker & Warburg.

Ramonet, I. (1995, janvier)). La pensée unique. Le Monde Diplomatique.

Tangocci, B. (2020a). La dittatura del conformismo. Piesse (www.rivistapiesse.it) 6 (7-1). https://rivistapiesse.it/store/articoli/Tangocci_conformismo.pdf

Tangocci, B. (2020b). La manipolazione dell’informazione ai tempi del Coronavirus. Piesse (www.rivistapiesse.it) 6 (9-1). https://rivistapiesse.it/store/articoli/Tangocci_manipolazione.pdf

Vágvölgyi, R., Coldea, A., Dresler, T., Schrader, J., & Nuerk, H.-C. (2016). A Review about Functional Illiteracy: Definition, Cognitive, Linguistic, and Numerical Aspects. Frontiers in Psychology, Vol 7.

1In italiano: “anzi dottor Hyde, perché oggi Hyde è professore di psicologia, e ha anche la sua brava laurea in scienze sociali. […] Verità e ragione riguardano il dottor Jekyll, non lui. Hyde si occupa di analisi motivazionali, suo compito è studiare debolezze e difetti dell’uomo, investigare i desideri e le paure inconsce che in così larga misura determinano il pensiero e l’azione consapevole dell’uomo”.

2In italiano: “I metodi che si usano oggi per vendere un candidato politico, come se fosse un deodorante, danno all’elettorato la garanzia che non sentirà mai dire la verità su niente”.

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